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Italian Thought News - Gennaio 2023

Aggiornamento: 20 gen 2023

NEWS GENNAIO


Novità editoriali

1)

P. D’Angelo, Benedetto Croce. La biografia. Vol. 1: gli anni 1866-1918 (Il Mulino, 2023).




2)

B. Copenhaver, R. Copenhaver, Filosofia in Italia (1800-1950). Uno sguardo dall'esterno (Le Lettere, 2023).





3)

F. Marchesi, Ritorno ai princìpi. Concezioni della storia da Machiavelli alla Rivoluzione francese (Carocci, 2023).






4)

É. Gilson, Dante e la filosofia (Rusconi Libri, 2023).






5)

C. Calì, Fede e moralità in Benedetto Croce (Studium, 2023).





6)

A. Mengoni, F. Zucconi (a cura di), Pensiero in immagine. Forme, metodi, oggetti teorici per un Italian Visual Thought (Mimesis, 2022).





7)

M. Grimaud, Nolan, le temps et Bergson. Tenet, le cinéaste à la rencontre du philosophe (L’Harmattan, 2022).







8)

M. Grimaud, La conversion. Vivre avec Bergson (L’Harmattan, 2022).






9)

C. Dodeman, La philosophie militante de Merleau-Ponty (Ousia Éditions, 2023).






10)

M. Ferraris, Le monde extérieur (Il mondo esterno), traduit de l’italien et préfacé par C. Crignon (Éditions du Cerf, 2022).






11) A. Emo, La voce incomparabile del silenzio (nuova edizione), a cura di M. Donà e R. Toffolo (Gallucci, 2023).





12) M. Spagnoletti, Sulle orme di Marx e Bakunin. L’anarchico Emilio Covelli (Stilo, 2023).






13) S. Bucchi, La filosofia di un non filosofo. Le idee e gli ideali di Gaetano Salvemini (Bollati Boringhieri, 2023).






14) E. Attanasio, Divenire drago: esplorazioni nell’opera di Ortese (RedEditorial, 2022).






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Riviste


1)

Actualité de Spinoza “Cahier philosophiques” (n. 2).







2)

M. Dantini e E. Pellegrini, a cura di, «Arte e comunismo in Italia, 1943-1964», «Predella», 52, 2022.



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Recensioni


1)

Recensione di M. Villani a I. Pelgreffi, Figure dell’automatismo. Apprendimento, tecnica, corpo (Mimesis, 2022), in “operaviva”, 23.11.2022.




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Video


1)

Rai cultura: video su Essere contemporanei della fine del mondo. Saggi su Manlio Sgalambro (Mimesis, 2022).



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Eventi


1)

Seminario

23 – 25 gennaio 2023 (ore 16), Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Napoli, via Monte di Dio 14

Elisabetta Selmi (Università di Padova), Gian Vincenzo Gravina e la sua ricezione

Per ulteriori informazioni:




2)

Weekend filosofico


27 (ore 17), 28 (ore 17) e 29 gennaio 2023 (ore 9:30), presso Associazione Culturale Scholé di Roccella Jonica (RC)/Live su piattaforma Zoom


V. Morfino (Università di Milano “Bicocca”), La natura in Spinoza dall’ontologia alla politica. Contro ogni finalismo


Per ulteriori informazioni:





3)

Presentazione libro


27 gennaio 2023 (ore 16), Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Napoli, via Monte di Dio 14

Hannah Arendt, Rosa Luxemburg (a cura di Rosalia Peluso), Mimesis, 2022


Con: Massimo Adinolfi, Anna Donise, Marcello Mustè

Per ulteriori informazioni:




4)

Laboratorio letterario/filosofico

30 gennaio – 2 febbraio 2023 (ore 16), Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Napoli, via Monte di Dio 14

In collaborazione con il Centro Nazionale di Studi Leopardiani

Bellezza, verità e virtù in Leopardi, a cura di Massimiliano Biscuso, Fabiana Cacciapuoti, Alberto Folin

Per ulteriori informazioni:




5)

Convegno


2 – 3 febbraio 2023, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, Dipartimento di Ricerca e Innovazione Umanistica, Auditorium S. Teresa dei Maschi


Con: Adriano Ardovino, Jean-François Courtine, Aldo Magris, Eugenio Mazzarella, Leonardo Samonà, Carlo Sini, Giusi Strummiello, Vincenzo Vitiello, Giovanni Battista Armenio, Elena Bartolini, Marco Cavazza, Lorenzo De Stefano, Hernán Gabriel Inverso, Emma Lavinia Bon, Miguel Lobos, Antonio Lombardi, Jaka Makuc, Chiara Pasqualin, Pier Alberto Porceddu Cilione, Salvatore Spina, Valentina Surace, Roberto Terzi, Federico Viri, Mattia Zancanaro.


I Convegno a cura del Centro Studi di Critica Heideggeriana, L’Ereignis




6)

Seminario

16 – 17 febbraio 2023 (ore 16), Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Napoli, via Monte di Dio 14

Pasquale Stoppelli (Università “Sapienza” di Roma), Le verità della filologia. Due casi di studio: Machiavelli e Leopardi

Per ulteriori informazioni:



7)

Laboratorio filosofico


20 – 23 febbraio 2023 (ore 16), Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Napoli, via Monte di Dio 14

La Scienza nuova di Vico e la sua ricezione, a cura di Fabrizio Lomonaco (Università di Napoli “Federico II”) e Andrea Bocchetti (Università di Napoli “Federico II”)

Per ulteriori informazioni:




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Call for Papers


1)

Kaiak, n. 10 (2023)

S-FONDAMENTI

Tanto al singolare quanto al plurale, e sia come sinonimo dell’inizio (del principio) che del sostegno (della base), il termine “fondamento” (lat. fundamentum, ted. Grund) sembra essere un sostantivo filosofico solidamente oltre che banalmente metaforico, eppure esposto come nessun altro al crollo e alla rovina.

Il fondamento ha funzionato per secoli, in termini blumenberghiani, come “metafora assoluta”, cioè come chiave architettonica pre-concettuale di ogni costruzione conoscitiva e/o istituzionale, che si pretende tanto razionale quanto durevole e sicura: l’atto del fondare, il porre o ‘gettare le fondamenta’ (begründen, ma anche Grundlegung) di un edificio teorico o sociale capace di sfidare il tempo e le avversità – basti pensare ai ‘miti di fondazione’ –, rappresenta una delle immagini più abusate nella storia della civiltà umana, in particolare di quella occidentale. Ma, proprio perché rappresentano l’insieme dei principi assoluti in grado di conferire validità e rigore a un sistema filosofico o a una scienza, i fondamenti non soltanto sono criticabili, com’è in effetti avvenuto a partire dall’Ottocento, ma intrinsecamente friabili e franosi, s-fondabili perché essenzialmente già sfondati; si direbbe anzi che l’intero plesso mitico-metaforico del fondamento, con le sue diverse declinazioni spazio-temporali e le sue ricorsività storiche, nasconda un dinamismo perverso, per così dire autolesivo e, a dispetto della semantica edificatoria, oscuramente vegetale. Si potrebbe addirittura suggerire che il fondamento ‘funga’ in modo più o meno inconscio come paradossale metafora dell’immobilità fertile – come mito di carattere immunologico e insieme necrofilo, come desiderio di ramificazione ma anche di introflessione e sprofondamento dell’essere, che fa letteralmente da sfondo opaco alla chiarezza e alla distinzione della ragione astraente.

Ma si potrebbe anche delineare un movimento complementare che la filosofia ha compiuto e continua a compiere rispetto a questa ricerca di sicurezza nel fondamento, che rinvia al suo essere oscuramente ‘radicato’ nel mondo della vita:

1) la filosofia tende ad erodere il fondamento nell’atto stesso di pensarlo, vale a dire s-fondarne dall’interno la pretesa e ‘sicura’ solidità, in virtù di una sorta di molle implosione della sua sostanzialità (sub-stantia) e della sua funzione strutturale (lo ‘stare sotto’ per sorreggere il mondo, la realtà e il pensiero); quest’ipotesi non rinvia soltanto al genio maligno di Cartesio, cioè alla paranoia del fondamento derivante dalla sua ossessione securitaria e fallogocentrica, ma anche all’auto-limitazione teoretica, per non dire omeopatica del fondamento, volta ad assicurarne la fertilità (si pensi a Kant e alla fenomenologia);

2) la filosofia, intesa come matrice e spazio “vegetale” di fondazione, viene erosa e inesorabilmente s-fondata, penetrata da tutta una serie di arieti e microrganismi esterni, alieni, con un effetto di dispersione e di esplosione dell’essere: lo s-fondamento è la disseminazione (in senso non solo derridiano) della metafisica, la sua polverizzazione, la sua nebulizzazione, che si affianca al macroscopico scardinamento temporale della civiltà occidentale, cioè all’irreversibile crollo della vettorialità creazionista e progressiva della storia.

Oltre che esplorare questo duplice movimento, il numero 10 di Kaiak si propone di articolare un percorso teoretico e insieme di storia delle idee, il cui obiettivo sarà quello di mostrare lo stato dell’arte, le condizioni di (im)possibilità della teoresi pura, nell’epoca della sua massima contaminazione con l’impurità e la fragilità della materia e dei corpi, che è al tempo stesso l’epoca del massimo dispiegamento della capacità umana di distruggere ogni ‘fondo’ naturale, ogni mondità abitabile, ogni solidità univoca e universale. Oggi quella dello sfondamento non è più solo un’espressione bellica tornata purtroppo attuale, ma un’esperienza di reale demolizione dell’umano: sfondare una resistenza, un fronte, una linea nemica grazie alla gittata delle armi ha riacquistato un significato territoriale e quasi primitivo, che impone alla filosofia di riformulare il gioco metaforico in modo più esplicito e radicale. Se cioè la metafora è, alla lettera, una trasposizione, dobbiamo provare a trasferirci dal discorso all’evento, facendo saltare il campo minato delle similitudini.

Dopo due secoli di critica dei fondamenti, ci siamo davvero liberati del fondamento e di tutti i suoi surrogati (politici, estetici, tecno-scientifici)? Ce ne possiamo davvero liberare, è desiderabile che ciò avvenga come s-fondamento, abbattimento o dismissione del pensiero del fondamento, o non si tratta piuttosto di un estremo gesto di fondazione, che nasconde un diverso desiderio di crescita e di germinazione? E ancora: che cosa funge, oggi, da s-fondamento più o meno inconscio del fondamento, che cosa lo avvelena dall’interno e che cosa invece lo assedia dall’esterno? Qual è l’impensato che fa ormai sprofondare la spazialità e la temporalità dell’ontologia? È forse la crescita del non umano? O qualcos’altro per cui ancora ci mancano i nomi?

Topics

Mitologie del fondamento

Fondamento versus inizio

Il fondamento come essenza e sparizione

Fondamento e abisso (Grund/Abgrund)

Fondamenti vegetali

S-fondare la metafora del fondamento

S-fondamento e rovesciamento della metafisica

S-fondamento della natura come ‘fondo’

Poetica dello s-fondamento

S-fondamento e pulsione di morte

La metafora bellica dello sfondamento

Le proposte di contributo (max 5000 caratteri spazi inclusi) dovranno essere inviate all’indirizzo rivistakaiak@libero.it o all’indirizzo eleonora.deconciliis@libero.it entro il 31 marzo 2023.

La redazione di Kaiak esaminerà le proposte e ne darà comunicazione entro il 15 aprile 2023.

Gli articoli (max 40000 caratteri spazi inclusi, redatti secondo le ns. norme redazionali) dovranno pervenire agli stessi indirizzi entro il 30 giugno 2023, e verranno sottoposti a double blind peer review.

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(ENG)

Kaiak, n. 10 (2023)

UN-GROUNDINGS

Both in the singular and in the plural form and both as a synonym of beginning (principle) and of support (base), the term “ground” (Latin fundamentum, German Grund) seems a solidly as well as a trivially metaphorical philosophical noun and yet it is exposed like no other to collapse and ruin.

The ground has functioned for centuries as an “absolute metaphor”, i.e., a preconceptual architectural key to every cognitive and/or institutional construction, which claims to be as rational as it is durable and secure. The act of founding or “laying the foundations” (begründen, but also Grundlegung) of a theoretical or social building capable of defying time and adversities — just think of the “founding myths”— represents one of the most abused images in the history of human civilization, especially the western one.

However, precisely because they indicate the set of absolute principles which are capable of conferring validity and rigour on a philosophical system or a science, grounds are not only open to criticism, as has actually happened since the Nineteenth century, but they are also intrinsically crumbly and unstable, un-groundable because they are essentially already ungrounded. On the contrary, one could say that the ground’s entire mythical-metaphorical plexus, with its various spatiotemporal declinations and historical recurrences, hides a perverse dynamism, which is so to speak self-harming and, despite the aforementioned building semantics, obscurely vegetal. One could even suggest that the ground “operates” in a more or less unconscious way as a paradoxical metaphor of fertile immobilità — as a myth of an immunological and concurrently necrophile nature, as a desire for ramifications as well as for introflection and sinking of Being, which literally makes from an opaque background to the clarity and distinction of abstract reason.

However, one could also outline a complementary movement that philosophy has accomplished/understood and continues to accomplish/undergo relative to this search for security in/of the ground, which refers to its being obscurely “rooted” into the lifeworld:

1) philosophy tends to erode the ground in the very operation of thinking it, i.e., breaking down its alleged and “sure” solidity from within, thanks to a sort of soft implosion of its substantiality (substantia) and structural function (namely the “staying below” to support the world, reality and thought). In support (!) of this hypothesis there is not so much the evil demon and, therefore, the paranoia of the ground as an internal threat to its security and phallogocentric obsession, as much as the ground’s theoretical, not to say homoeopathic self-limitation (meaning that Kant and phenomenology would have performed rites of sacrifice to ensure the ground’s fertility);

2) philosophy, understood as grounding matrix and “vegetable” space, is eroded and inexorably un-grounded, penetrated by a whole series of external, alien rams and microorganisms, with an effect of dispersion and explosion of Being. The un-grounding is the dissemination (not only in a Derridean sense) of metaphysics, its pulverization and nebulization, which joins the macroscopic temporal disruption of western civilization, i.e., the irreversible collapse of history’s creationist and progressive vectorial nature.

In addition to exploring this twofold movement, this 10th issue of Kaiak aims to articulate a theoretical path and a history of ideas, whose objective will be to show the state of the art and the conditions of (im)possibility of pure theory, in the age of its utmost contamination with the impurity and fragility of matter, indeed of the body (of the living body as well as the technological one), which is concurrently the age of utmost deployment of the human capability to destroy any natural “background”, any habitable world, any univocal and universal solidity.

Today ungrounding is no longer just a war expression that has recently sadly resurged, but an experience of real demolition of the human, which seems to oppose both the freedom of the ground as opening and pro-ject, and the freedom from the ground as root and origin. Ungrounding a resistance, a front, an enemy line thanks to weapons’ range has regained a territorial and almost primitive meaning, which requires philosophy to reformulate the metaphorical game more explicitly and radically. Hence, if the metaphor is, literally, a transposition, we should try to transpose ourselves from the discourse to the event, blowing up the minefield of similarities.

After two centuries of critique of grounds, have we really freed ourselves from the ground and all its substitutes (political, aesthetic, technoscientific)? Can we really get rid of them, is it desirable that this happens as an un-grounding, demolition or abandonment of the thinking of the ground, or is it not rather about an extreme gesture of grounding, which hides a different desire for growth and germination? In addition to building, does not grounding also mean generating, thereby triggering uncontrollable processes and effects, i.e., vortically un-grounding the beginning, multiplying it in the unbearable swarming of ramifications, and concurrently retreating, burying the origin, bringing it to the bottom? And again: What operates, today, as the more or less unconscious grounding of the ground, what poisons it from within and what instead besieges it from the outside? What is the unthought that now causes ontology’s spatiality and temporality to sink? Is it the growth of the nonhuman? Or is it something else that we still lack names for?

Topics

Funding mythologies

Ground versus beginning

The ground as essence and disappearance

Ground and abyss (Grund/Abgrund)

Vegetal grounds

Un-grounding the metaphor of the ground

Un-grounding and overturning of metaphysics

Un-grounding of nature as a “background”

Poetics of the un-grounding

Un-grounding and the death drive

The war metaphor of the breakthrough

Abstracts (max 5,000 characters, spaces included) shall be sent to the email addresses rivistakaiak@libero.it or eleonora.deconciliis@libero.it by 31 March 2023.

Kaiak’s editorial board will examine the abstracts and communicate the outcome of the selection process to the Authors by 15 April 2023.

The papers (max 40,000 characters, spaces included, formatted according to our editorial guidelines) shall reach the same addresses by 30 June 2023 and will undergo double blind peer review before publication.

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(FR)

Kaiak, n. 10 (2023)

DÉ-FONDEMENTS

Au singulier comme au pluriel, autant comme synonyme de début (du principe) que de support (de la base), le terme « fondement » (lat. fundamentum, all. Grund) semble un substantif philosophique solidement outre que banalement métaphorique, et, néanmoins, exposé comme aucun autre à l’effondrement et à la ruine.

Le fondement a fonctionné des siècles durant comme « métaphore absolue », c’est-à-dire comme clé architectonique pré-conceptuelle de toute construction de connaissance et/ou institutionnelle, qui a la prétention d’être rationnelle ainsi que durable et sûre : l’acte de fonder, de poser ou de « poser les fondations » (begründen, mais aussi Grundlegung) d’un édifice théorique ou social capable de défier le temps et les adversités – il suffit de penser aux « mythes de fondation » –, représente une des images les plus abusées dans l’histoire des civilisations humaines, en particulier de celle occidentale.

Mais, justement parce qu’ils indiquent l’ensemble des principes absolus capables de conférer validité et rigueur à un système philosophique ou à une science, les fondements non seulement sont sujets à critique, comme cela a été le cas en effet à partir du XIXe siècle, mais ils sont intrinsèquement friables et glissants, dé-fondables parce que essentiellement déjà enfoncés ; on dirait plutôt que tout le plexus mythico-métaphorique du fondement, dans ses diverses déclinations spatio-temporelles et ses récursivités historiques, cache un dynamisme pervers, pour ainsi dire suicidaire et, malgré la sémantique édifiante que l’on a évoquée, obscurément végétal. On pourrait même suggérer que le fondement «fonctionne» de manière plus ou moins inconsciente comme métaphore paradoxale de l’immobilité fertile – comme mythe de nature immunologique et en même temps nécrophile, comme désir de ramification mais aussi d’introfléxion et d’effondrement dans l’être, qui constitue littéralement le fond opaque de la clarté et de la distinction de la raison abstraite.

Mais il serait aussi possible d’esquisser un mouvement complémentaire que la philosophie a accompli et continue à accomplir par rapport à cette recherche de sécurité dans/du fondement, qui renvoie à son être obscurément « enraciné » dans le monde de la vie.

1) la philosophie tend à éroder le fondement dans l’acte même de le penser, à savoir à en percer (s-fondare) de l’intérieur sa prétention et « sûre » solidité, en vertu d’une sorte de molle implosion de sa substantialité (sub-stantia) et de sa fonction structurelle (justement « l’être en dessous » pour soutenir le monde, la réalité et la pensée) ; cette hypothèse ne renvoie pas seulement au malin génie de Descartes, à la paranoïa du fondement découlant de son obsession sécuritaire et phallologocentrique, mais aussi de l’auto-limitation théorétique, pour ne pas dire homéopathique du fondement vouée à en assurer la fertilité (pensons à Kant et à la phénoménologie) ;

2) la philosophie, comprise comme matrice et espace « végétal » de fondation, est érodée et inexorablement percée, pénétrée par toute une série de béliers et de microorganismes extérieurs, étrangers, avec un effet de dispersion et d’explosion de l’être : le dé-fondement est la dissémination (en un sens non seulement derridien) de la métaphysique, sa pulvérisation, sa nébulisation, qui s’accompagne à un ébranlement temporel macroscopique de la civilisation occidentale, donc à l’irréversible écroulement de la vectorialité créationniste et progressive de l’histoire.

En plus d’explorer ce double mouvement, le numéro 10 de Kaiak propose d’articuler un parcours théorétique et, en même temps, d’histoire des idées, dont l’objectif sera de montrer l’état de l’art, les conditions d’(im)possibilité de la pure théorie, à l’époque de sa plus haute contamination avec l’impureté et la fragilité de la matière, voire du corps (du corps vivant outre que technologique), qui est en même temps l’époque du plus grand déploiement des capacités humaines de détruire tout « fond » naturel, toute mondanité habitable, toute solidité univoque et universelle.

Aujourd’hui celle du dé-fondement n’est plus seulement une expression de guerre (une percée) revenue malheureusement aujourd’hui d’actualité, mais une expérience de véritable démolition de l’humain : percer (dé-fonder) une résistance, un front, une ligne ennemie grâce à la portée des armes a acquis à nouveau un sens territorial et presque primitif, qui impose à la philosophie de reformuler le jeu métaphorique d’une manière plus explicite et radicale. Si donc la métaphore est, à la lettre, une transposition, nous devons tenter de nos déplacer du discours à l’événement, en faisant sauter le champ miné des similitudes.

Après deux siècles de critique des fondements, nous sommes-nous véritablement libérés du fondement et de tous ses substituts (politiques, esthétiques, techno-scientifiques) ? Pouvons-nous véritablement nous en libérer, est-il désirable que cela arrive comme dé-fondement, abattement ou abandon d’une pensée du fondement, ou ne s’agit-il pas plutôt d’un geste extrême de fondation qui cache un désir de croissance et de germination différent ? Et encore : qu’est-ce qui fonctionne, aujourd’hui, comme dé-fondement plus ou moins inconscient du fondement, qu’est-ce qui l’empoisonne de l’intérieur et qu’est-ce qui, au contraire, l’assiège de l’extérieur ? Quel est l’impensé qui fait désormais sombrer la spatialité et la temporalité dans l’ontologie ? S’agit-il peut-être de la croissance du non humain ? Ou quelque chose dont le nom encore fait défaut ?

Thématiques

Mythologie du fondement

Fondement versus début

Fondement comme essence et disparition

Fondement et abîme (Grund/ Abgrund)

Fondements végétaux.

Dé-fonder la métaphore du fondement

Dé-fonder et renversement de la métaphysique

Dé-fondement de la nature comme « fond »

Poétique du dé-fondement

Dé-fondement et pulsion de mort

Les propositions d’articles (max. 5000 signes espaces inclus) devront être envoyées à l’adresse rivistakaiak@libero.it ou à l’adresse eleonora.deconciliis@libero.it au maximum le 31 mars 2023.

La rédaction de Kaiak examinera les propositions et communiquera les décisions au maximum le 15 avril 2023.

Les articles (max. 40.000 signes espaces inclus, rédigés selon les normes éditoriales de la revue) devront être envoyés aux mêmes adresses au maximum le 30 juin 2023, et seront soumis à double blind peer review.


2)

Call for abstracts – III Convegno SIFiT

Pensare (con) la letteratura. Temi e modelli di ‘filosofia della letteratura’ in prospettiva teoretica (12 – 14 ottobre 2023)

Deadline: 28 febbraio 2023


Il III Convegno di Studi della Società Italiana di Filosofia Teoretica, che avrà luogo dal 12 al 14 ottobre 2023 presso l’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara, intende promuovere una riflessione in chiave teoretica sulla possibilità, il senso e la forma di una ‘filosofia della letteratura’, così come sulla pluralità dei suoi metodi e concetti operativi, rivolgendo la propria attenzione a temi, definizioni e modelli piuttosto che a singole interpretazioni di opere e autori, senza ovviamente escludere il riferimento ad esse. Si tratta di dar conto dei modi con cui il pensiero filosofico, di volta in volta, si rapporta alla letteratura, non soltanto nei termini di un oggetto di analisi, ma anche di un’interazione e di una prossimità che può risolversi in modalità molto differenti.

In questa prospettiva, il Convegno mira, da un lato, a farsi carico delle alternative ‘classiche’ a cui il rapporto tra filosofia e letteratura sembra aver dato vita: dalla possibile ‘coincidenza’ di filosofia e letteratura – sia per mancata emancipazione, o anche per dissoluzione, della prima nella seconda, sia per riconduzione della seconda alla prima, ovvero per una riconduzione della forma letteraria a modalità espressiva del contenuto filosofico – fino alla ‘separazione’ di entrambe, in virtù, ad esempio, dell’irriducibilità del rigore e della ricerca filosofico-veritativa all’esperienza letteraria, o, viceversa, dell’inaggirabile ampiezza e pregnanza esistenziale della parola letteraria rispetto all’astrattezza potenzialmente devitalizzante del discorso filosofico. Dall’altro lato, il Convegno intende esplorare anche la possibilità di un diverso ascolto dell’espressione ‘filosofia della letteratura’, ovvero del genitivo equivoco che la sostiene, mettendo così a tema ulteriori forme e gradazioni del rapporto tra filosofia ‘e’ letteratura, ad esempio in termini di complementarità, intersezione, oscillazione tra pratiche e ambiti di esperienza, parola e pensiero, che possono giocare l’uno nell’altro e/o essere messi in movimento l’uno grazie all’altro.

Entro e non oltre il 28 febbraio 2023, i soci strutturati e i soci (o i giovani studiosi) non strutturati che desiderano proporre – a partire dalla loro attività in ambito teoretico – un contributo alla discussione dei temi e dei problemi che caratterizzano l’orizzonte sopra delineato, sono invitati a inviare un titolo e una proposta di intervento (tra i 2000 e i 4000 caratteri, spazi inclusi). I soci (o i giovani studiosi) non strutturati allegheranno altresì una breve nota biografica (max 150 parole), indicando l’eventuale affiliazione a gruppi di ricerca e società scientifiche o, in alternativa, la sede universitaria di riferimento. I documenti dovranno essere inviati, come allegato, tramite e-mail (convegnosifit@unich.it). Tutti i partecipanti riceveranno comunicazione sull’esito della selezione, a cura del comitato scientifico, a partire dal 10 marzo 2023. Per gli studiosi non strutturati che risulteranno selezionati, l’organizzazione prevede di sostenere le spese per il pernottamento durante i giorni del convegno.

Informazioni generali

Scadenza invio abstract: 28 febbraio 2023

Date di svolgimento del Convegno: 12 – 14 ottobre 2023

Luogo di svolgimento: Università “G. d’Annunzio” – Campus universitario di Chieti

Durata delle relazioni:

- professori e ricercatori: 30/35 minuti (min/max)

- docenti a contratto, assegnisti, borsisti post-doc, dottorandi, borsisti post-lauream: 20/25

minuti (min/max)

Comitato scientifico: A. Ardovino, G. Baggio, L. Illetterati, G. Strummiello

Segreteria organizzativa: C. Scarlato (chiara.scarlato@unich.it)


3)

Rivista di Estetica (1/2024)

The Philosophy of the City

Advisory Editors: Alessandro Armando (Politecnico di Torino), Nicola Siddi (University of Turin)

Deadline for submission: January 31st, 2023

Today, approximately 55 per cent of the world’s population lives in cities, and this percentage, according to the UN’s World Urbanization Prospects 2018, is set to grow to 68 per cent in 2050. The future of humanity seems therefore tied to the urban dimension and in the last few decades an increasing attention to the nature of the city has been indeed observed.

Cities are complex entities. It is possible to approach them from a metaphysical and/or epistemological point of view, dealing with questions such as what cities are, whether there are ontological differences between villages, towns, cities, and megacities, whether living in a city changes or not the individual psychology, or what disciplines and which kind of theories can explain urban dynamics and phenomena.

Cities, however, can also be approached keeping in mind their relationships with the environment. In this frame, how conceiving and designing sustainable or green cities become relevant, as well as how human-wildlife conflicts and interactions should be managed, given that cities always host a huge number of non-human animals (among which there are our pets). And what about the relationship between urban density and diseases? Should cities be different in the post-pandemic era?

These are some examples of the many research strands that can be developed in the frame of a philosophical analysis of the city. This issue of Rivista di Estetica encourages submissions about these and related topics.

  • Ontology and epistemology of the city

  • Psychology and the city

  • Urban inclusiveness and segregation

  • Green and sustainable cities

  • Urban aesthetics

  • The city as the theatre of social conflict

  • The future of the city

  • The city of non-human animals

  • City, healthcare and pandemics

  • Technology and the city

Articles must be written in English or Italian and should not exceed 40,000 characters, notes and blank spaces included.

In order to submit your paper, please register and login to: http://labont.it/estetica/index.php/rivistadiestetica/login

Please notice: when asked “What kind of file is this”, select the relevant CFP.

8)

Rivista di Estetica (2/2024)

Speculative Thinking

Advisory Editors: Luca Illetterati (Università di Padova), Zdravko Kobe (Univerza v Ljubljani), Giulia Bernard (Università di Padova)

Deadline for submission: April 30th, 2023

The term ‘speculative’ closely characterizes Hegel’s philosophy, to the point of designating his own philosophical proposal: speculative thinking as opposed to intellectual-abstract and negative-rational thinking, speculative philosophy as a totality of knowledge organized as a system, and speculative logic as departing from transcendental and formal logic are just a few examples that surface when considering Hegel’s philosophy in terms of its differences from other philosophical projects. The term has thus become almost a proper name. And yet it is all but clear what determines the speculative as such: its specific form.

A similar fate seems to have befallen the later revivals of the concept in those who referred to it, in a genealogy directly or indirectly dependent on Hegel. We have seen an increase of interest in the speculative (Alfred North Whitehead, Theodor W. Adorno, Dieter Henrich, Jean-Luc Nancy, Slavoj Žižek) and an upsurge of theoretical proposals that refer back to the speculative (speculative realism, speculative materialism, speculative naturalism), but do so by explicitly distancing themselves from something like ‘speculative thinking’, which in their view represents a legacy to be overcome. The question is: What does speculative thinking actually mean? And in what way do these new conceptions of the speculative succeed in freeing themselves from the allegedly cumbersome burden carried by the term?

This issue of Rivista di Estetica aims at addressing these questions by dwelling on the different uses and meanings of the term ‘speculative’ in Hegel’s philosophy, and the issues that have defined speculative thinking as such. Its scope is to arrive at a conceptual clarification of ‘speculative thinking’ and to examine some of its outcomes in contemporary debate.

Submissions focusing on the following issues (or related topics) are welcome:

  • Speculative thinking and its form in Hegel:

    • the logical form of the speculative

    • discursivity and performance

    • the language of the speculative

    • the ‘three sides’ of the logical as attitudes of thinking: the side of abstraction or of understanding; the dialectical or negatively rational; the speculative or positively rational

    • the relationship between the sayable and the unsayable

  • Hegel’s contentious genealogy and legacy: what does it mean for philosophy to be ‘speculative’?

    • the genealogy of ‘speculative thinking’ from pre-critical rationalism to Classical German Philosophy

    • its legacy in critical theory, hermeneutics, deconstruction, process

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